Incentivare le università a costruire sinergie e stipulare Patti con imprese, enti o istituzioni di ricerca pubblici o privati, pubbliche amministrazioni e società pubbliche per realizzare specifici progetti finalizzati alla formazione di nuove professionalità nei settori e nelle filiere in cui sussiste un’insufficiente presenza di forza lavoro qualificata rispetto alla relativa domanda, con particolare riferimento alle discipline STEM.
È questo il principale obiettivo dei “Patti territoriali dell’alta formazione delle imprese” previsti dal decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 contenente “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina”.
La misura è pensata per promuovere l’interdisciplinarietà dei corsi di studio e la formazione di profili professionali innovativi e altamente specializzati in grado di soddisfare i fabbisogni espressi dal mondo del lavoro e dalle filiere produttive nazionali, migliorare e ampliare l’offerta formativa universitaria anche attraverso la sua integrazione con le correlate attività di ricerca, sviluppo e innovazione.
Per garantire un cofinanziamento statale a queste iniziative sono stati stanziati complessivamente 290 milioni di euro, di cui 20 milioni per il 2022 e 90 milioni per ciascuno dei successivi tre anni fino al 2025, che saranno ripartiti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
“È un nuovo strumento nel solco delle politiche che stiamo mettendo in campo per incentivare una programmazione dell’offerta formativa più aderente ai bisogni del territorio e che sia focalizzata sulla formazione di una classe dirigente orientata all’integrazione tra l’impresa e la pubblica amministrazione – ha commentato il Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa – I patti territoriali hanno l’obiettivo di facilitare al massimo il dialogo tra università e contesto territoriale, con l’obiettivo di arginare il fenomeno delle asimmetrie tra differenti aree d’Italia nel sistema della formazione superiore e la conseguente mobilità per studio e lavoro”.
I progetti possono anche prevedere iniziative per sostenere la transizione dei laureati nel mondo del lavoro e la loro formazione continua e a promuovere il trasferimento tecnologico, soprattutto nei riguardi delle piccole e medie imprese. In particolare, possono presentare progetti le università che hanno sede in Regioni che presentano parametri inferiori rispetto alla media nazionale in merito al numero di laureati rispetto alla popolazione residente nella Regione interessata dal Patto, al tasso di occupazione dei laureati a tre anni dalla laurea, al numero di laureati in Regione diversa da quella di residenza sul totale dei laureati residenti nella Regione interessata dal Patto.