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Beni culturali, uno studio dimostra l’efficacia di foglie e licheni per la conservazione delle aree archeologiche

Nell’ambito del progetto di ricerca CHIOMA (Cultural Heritage Investigations and Observations: a Multidisciplinary Approach), un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), del Parco Archeologico del Colosseo, dell’Università di Siena (UniSI) e dell’Accademia dei Lincei, attraverso indagini chimiche e magnetiche su foglie e licheni, impiegati come accumulatori biologici di particolato atmosferico inquinante, hanno determinato la diffusione e la tipologia di polveri veicolari emesse in alcune strade del centro di Roma (lungo via dei Cerchi e nelle aree archeologiche del Palatino).

Per le ricerche sono state usate sofisticate tecniche ambientali multidisciplinari al fine di evidenziare la diffusione delle polveri sottili (PM) che possono creare danni, abrasioni e deterioramento dei beni culturali che denotano tale zona. I dati emersi dalle foglie sono stati integrati con quelli derivanti dall’esposizione di trapianti lichenici posti a distanze crescenti da via dei Cerchi, fino all’interno della Schola Praeconum, oggetto di un intervento di valorizzazione nell’ambito del PNRR. 

Lo studio “Nature-based solutions for monitoring the impact of vehicular particulate matter and for the preventive conservation of the Palatine Hill archaeological site in Rome, Italy” è stato pubblicato sulla rivista “Science of the Total Environment” e ha dimostrato come la concentrazione delle particelle metalliche bioaccumulate dai licheni e dalle foglie dipende dalla distanza longitudinale della strada, con modesta influenza della quota rispetto al piano stradale. 

Pertanto, per fornire i migliori servizi ecosistemici di conservazione preventiva dei beni storici e culturali, gli alberi devono essere posizionati quanto più possibile vicino alla sede stradale.

I risultati hanno indicato che le foglie accumulano tutte le componenti del PM, limitando così gli effetti avversi delle sue frazioni, siano esse atmosferiche o legate al suolo e alla risospensione, mentre i licheni sono i migliori bioindicatori della sola componente aerodispersa del PM.

Aldo Winkler, Responsabile del Laboratorio di Paleomagnetismo dell’INGV, ha dichiarato: “Tale progetto introduce le metodologie di biomonitoraggio magnetico in un’area archeologica di prestigio unico al mondo, fornendo preziose indicazioni sulla capacità delle foglie, in funzione della specie e della collocazione arborea, di accumulare il particolato inquinante, contribuendo così a limitarne la diffusione e gli effetti nocivi sui beni culturali”.

Al momento sono in corso ulteriori studi sul biomonitoraggio dell’inquinamento atmosferico nei Musei di Buenos Aires, alla Cupola del Brunelleschi della Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze e presso il Metropolitan Museum of Art (Met) di New York. L’obiettivo è conseguire, su tipologie differenti di contesti fortemente urbanizzati, dati originali di grande interesse per la conservazione preventiva dei beni culturali.

Ministero dell'Università
e della Ricerca