Un gruppo di ricerca internazionale a guida italiana ha ricostruito il viaggio compiuto dalla crosta terrestre verso il centro della Terra, durante i movimenti di sprofondamento delle placche continentali.
Lo studio, coordinato da Luigi Dallai dell’Università Sapienza di Roma e da Sandro Conticelli dell’Università di Firenze e direttore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igag) è riuscito a dimostrare il processo geodinamico, fino a oggi solo ipotizzato, ossia la trasformazione, promossa dall’azione di imponenti forze endogene, della superficie terrestre. Un lavoro di notevole caratura, tanto da essere pubblicato su Nature Communications al quale hanno collaborato anche ricercatori dell’Università di Ferrara, dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese e del Centro di ricerca Certema di Grosseto.
La scoperta si basa sul ritrovamento di vene contenenti quarzo racchiuse in frammenti di mantello terrestre portati in superficie da un magma eruttato dal vulcano spagnolo Cabezo Negro, circa 2 milioni di anni fa. Grazie all’analisi isotopica dell’ossigeno del quarzo, i ricercatori sono riusciti a ricostruire il percorso che ha portato alla formazione di questo minerale, tipico della crosta continentale ma che finora non era mai stato trovato nel materiale del sottostante mantello terrestre.
“La crosta continentale è stata trascinata dalla superficie all’interno del mantello terrestre. A una profondità che stimiamo essere attorno ai 30 km e a una temperatura di circa 1000°C, la crosta continentale subdotta subisce processi di fusione e va a formare delle vene contenenti quarzo nel mantello. Pezzi di questo mantello sono infine strappati e trasportati nuovamente sulla superficie terrestre da magmi di origine profonda”, ha spiegato Luigi Dallai. “L’intero ciclo potrebbe essersi completato in un lasso di tempo che va da 10 a 2 milioni di anni fa”.
Oltre a dare informazioni dirette sulla composizione dell’interno del nostro pianeta, la scoperta potrà contribuire a spiegare l’inedita composizione di altri magmi, come quelli dei vulcani dell’Italia centro-meridionale, delle Ande e dell’Himalaya.
“Attraverso il processo documentato, molti altri elementi chimici sono trasportati dalla superficie in profondità, così da essere arricchiti prima di essere riportati in superficie” ha sottolineato Sandro Conticelli che ha poi aggiunto “tra questi il carbonio, di grande interesse per la comprensione dei cambiamenti climatici, e altri elementi critici, come il litio e le terre rare, la cui reperibilità assume una rilevanza economica e tecnologica”.