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Ambiente, nel 2023 sale ancora la “febbre dell’oceano”

Nel 2023, a seguito dell’aumento delle temperature, è stato registrato un nuovo record nel riscaldamento delle acque oceaniche. Questo è il dato emerso da uno studio condotto da un team internazionale, coordinato da IAP-CAS (Istituto di fisica dell’atmosfera dell’Accademia Cinese delle Scienze), con la partecipazione di ricercatori statunitensi, neozelandesi e francesi, nonché gli italiani Simona Simoncelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Franco Reseghetti dell’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

Oltre all’aumento della “febbre dell’oceano”, sono state riscontrate anomalie molto evidenti anche nelle temperature superficiali dell’oceano, con valori inaspettati riconducibili, oltre che al riscaldamento globale, anche alle fluttuazioni termiche a breve termine dell’Oceano Pacifico dovute alla transizione dei fenomeni La Niña e El Niño, a partire da maggio 2023.

Il riscaldamento delle acque prodotto dalla combinazione di questi fattori può determinare la variazione di precipitazioni atmosferiche e l’evaporazione delle acque superficiali che alterano la salinità dell’oceano, con conseguenze dirette sulla vita marina, sulle correnti oceaniche e sulle interazioni con l’atmosfera. Infatti, le acque meno dense, calde e meno salate tendono a rimanere in superficie e non sono in grado di trasportare calore, anidride carbonica e ossigeno alle acque più profonde, con gravi conseguenze per la vita animale e vegetale dell’oceano. Questa stratificazione delle acque risulta ulteriormente aumentata rispetto al 2022 e rende le tempeste più violente, con piogge e venti più forti e, quindi, con un maggior rischio di inondazioni, anche sul territorio italiano. 

È proprio il Mar Mediterraneo che nel 2023 si è confermato il bacino che si scalda più velocemente tra quelli analizzati nello studio, raggiungendo il valore termico più elevato dall’inizio delle rilevazioni moderne. Secondo i ricercatori italiani coinvolti nello studio vista l’influenza del Mar Mediterraneo sulla vita dei Paesi che vi si affacciano – dall’agricoltura, alla pesca, all’idrologia, all’evoluzione meteo, alla salute delle popolazioni – “continuare a monitorarlo è la chiave per contribuire a conoscere gli effetti del riscaldamento globale, sensibilizzare la società a questa emergenza e stimolare l’adozione di necessarie misure di adattamento e mitigazione. Bisogna sempre tener presente che a causa di questo fenomeno si registrano ogni anno danni materiali enormi in tutto il mondo, accompagnati spesso dalla perdita di vite umane”.

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