La diffrazione di neutroni rappresenta uno strumento utile per interpretare i cambiamenti prodotti dal calore nei resti scheletrici: è quanto emerge da una ricerca condotta dall’Università di Coimbra (Portogallo) in collaborazione con il Centro Ricerche Enrico Fermi (CREF), i cui risultati sono stati recentemente pubblicati e descritti sulla rivista internazionale Analytical Chemistry.
Attraverso l’uso di questa tecnica, i ricercatori sono riusciti a rilevare variazioni strutturali e di cristallinità in ossa di femore e tibia umane soggette a combustione, in condizioni di carenza di ossigeno. Le misure sono state effettuate presso l’ISIS Pulsed Neutron and Muon Source del STFC Rutherford Appleton Laboratory, nel Regno Unito, tramite il diffrattometro GEM, che ha consentito di monitorare le variazioni dei campioni in funzione della temperatura, tra i 25 e i 1000 gradi centigradi.
Lo studio ha fornito informazioni quantitative sulla riorganizzazione strutturale della matrice ossea durante la procedura di riscaldamento, mostrando sperimentalmente come al di sopra dei 700 °C la componente inorganica diventi altamente simmetrica, priva di carbonati e costituenti organici. Al di sotto di tale temperatura, invece, sono stati osservati valori di cristallinità notevolmente inferiori.
In conclusione, i risultati ottenuti aprono alla possibilità di utilizzare i cambiamenti nelle ossa indotti dal calore come dei biomarcatori della temperatura di combustione. Un impiego utile, questo, soprattutto per l’analisi di resti che abbiano subito esplosioni, incidenti o incendi domestici, o che siano stati sottoposti a riti funebri.
In particolare, l’approccio sperimentato dai ricercatori prospetta interessanti applicazioni in ambito forense o archeologico, laddove risulta fondamentale individuare la causa di un decesso, identificare un defunto, nonché ricostruire lo stile di vita, le circostanze della morte di un individuo o le pratiche funerarie di un popolo.