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Dai Big data ai Big Code, nasce il Bologna Big code Lab in collaborazione con ENEA

Da una collaborazione tra ENEA, l’Università di Bologna e Software Heritage è nato il “Bologna Big Code Lab”, un laboratorio congiunto di conoscenza e sperimentazione che punta a sviluppare nuovi codici informatici attraverso metodi innovativi, automatici e sicuri. Il progetto, che ha il sostegno di iFAB (International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development), si basa sull’immenso archivio di Software Heritage, realizzato sotto l’egida UNESCO dall’ente francese INRIA (Istituto nazionale per la ricerca nell’informatica e nell’automazione) e di cui il Centro Ricerche ENEA di Bologna ospita una copia. In tre anni saranno sviluppati sistemi automatici per produrre velocemente e in modo affidabile nuovi codici attingendo e aggregando i programmi sorgente già catalogati e memorizzati nell’archivio.

“I codici sorgente sono sequenze di istruzioni, comprensibili e modificabili dall’uomo ma eseguiti da calcolatori. Stanno dentro computer o cellulari, grazie a loro possiamo controllare satelliti ma anche far funzionare siti web e la maggior parte degli oggetti con i quali interagiamo ogni giorno”, spiega Simonetta Pagnutti della Divisione ICT dell’ENEA, che rappresenta l’Agenzia nell’Associazione Big Data.
Nel 2019 grazie a un’iniziativa ENEA, è stato siglato l’accordo con INRIA per mettere a punto il primo “mirror” istituzionale europeo dell’archivio Software Heritage, che dal 2016 raccoglie, conserva e rende accessibile il codice sorgente di tutti i software pubblicamente disponibili al mondo.

“Un progetto di grande rilevanza culturale, sociale e scientifica sponsorizzato anche da grandi big come Microsoft, Intel e Google. Navigando tra i quasi dodici miliardi di file conservati nell’archivio, ci si può imbattere nel codice di sessantamila linee che ha guidato il computer di bordo dell’Apollo11 portando 50 anni fa l’uomo sulla luna. Oppure si può curiosare dentro “TAUmus”, uno dei primi software al mondo realizzato negli anni Settanta alla base della computer music”, continua la ricercatrice. “Quello che abbiamo replicato presso il Centro ENEA di Bologna è un backup vitale che rende accessibili tutti gli oltre 170 milioni di progetti archiviati. L’accesso a una simile libreria, una vera biblioteca di Alessandria del software, darà la possibilità ai ricercatori e agli scienziati dell’Agenzia e dell’Università di studiare e analizzare codici e algoritmi, sviluppando metodiche per ricavare informazioni e produrre nuova conoscenza. Così, in analogia a quanto avviene con i “Big Data” potremo parlare di “Big Code”. Si tratta di un filone attuale, ancora da esplorare, ma ricco di ricadute. Una linea di ricerca con un orizzonte di lungo respiro, destinata ad avere una valenza strategica rilevante che apre nuove opportunità per i giovani ricercatori: i codici sono l’imprescindibile componente dell’High Performance Computing, dell’Intelligenza Artificiale e di ogni applicazione digitale” conclude Pagnutti.

Il progetto Bologna Big Code Lab si sviluppa nell’ambito del Tecnopolo di Bologna, sede del Data Center del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (ECMWF).
Oltre al lavoro di ricerca, il progetto prevede diverse attività di formazione e alfabetizzazione digitale per creare maggiore consapevolezza rispetto ai profondi cambiamenti in atto, legati all’utilizzo sempre più diffuso delle nuove tecnologie.

Il primo appuntamento divulgativo “Software Heritage, l’Archivio Universale dei Codici – Divagazioni sul tema” si è tenuto il 16 marzo presso il Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna e ha visto il coinvolgimento diretto di 4 scuole. La giornata è stata dedicata all’open source, ai nuovi archivi digitali e ai codici, intesi sia come protagonisti della rivoluzione digitale che come parte del nostro patrimonio culturale, da conservare e tutelare. Sono stati presentati alcuni tra i codici che hanno cambiato il mondo e sono state premiate le motivazioni più originali e brillanti fornite dai partecipanti al contest “Qual è il tuo codice preferito, quale vorresti salvaguardare per i posteri?”.

Tra gli ospiti della giornata anche Roberto di Cosmo, Professore ordinario di Informaticaall’Università di Parigi Diderot, direttore e fondatore dell’infrastruttura mondiale Software Heritage.

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